Diario
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Fili rossi

A volte mi accorgo di dedicare troppa attenzione ai numeri, all’impianto industriale dell’audiovisivo, dimentico che noi viviamo di contenuti e che, oltre un decennio fa, decisi di occuparmi di cinema per cambiare il mondo con altri mezzi. La nostra è la lingua dei segni e con un film si può ammazzare, amare, cambiare qualcuno o qualcosa. E allora dobbiamo dirci la verità più amara: il nostro paese non esporta con forza cinema perché non ha nulla da dire al mondo se non trita retorica nazionale o vuoto cosmico ridanciano. Ma è pur vero che storie forti che riflettono su grandi temi che interrogano le coscienze civili degli spettatori di tutto il mondo sono nate sì da grandi autori, ma quasi sempre da contesti industriali maturi, che favoriscono l’emersione di buone storie perché, innanzitutto, i produttori sanno riconoscerle e valorizzarle e possono farlo perché sostenuti da apparati pubblici e da network televisivi non imbolsiti o impiastricciati di politica come la nostra Rai. “Le invasioni barbariche” di Denys Arcand è un film canadese co-prodotto con i francesi del CNC e parla di vita e di morte in modo sorprendente e indimenticabile. “Il mare dentro” di Alejandro Amenàbar è un film spagnolo e parla di eutanasia nel modo più commovente, duro, vero che io abbia mai visto. “Quasi amici” di Olivier Nakache e Eric Toledano è una produzione Gaumont sostenuta nuovamente dal CNC e tratta di malattia, amore, amicizia, ricchezza e povertà con i toni fintamente cattivi della nuova commedia di genere edificante. E, vedendolo, mi son chiesto: perché mai il ruolo di Omar Sy non poteva essere interpretato dal nostro Luca Medici? Perché anche ai produttori, agli sceneggiatori e agli autori più bravi italiani manca il respiro e il coraggio di osare, tanto più al tempo della crisi, storie ultime, marginali, che riflettano chi siamo e dove andiamo. Perché in Italia abbiamo paura del futuro, temendo di scoprirlo peggiore del presente. E allora serve una nuova generazione di talenti che osi di più, che inventi, che rischi, che crei e innovi. E che dica la verità, nient’altro che la verità.

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